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Sulla carta d’identità torna il termine “genitori”: via “padre” e “madre”: “E’ discriminatorio”

La Cassazione ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno contro la decisione della Corte d’Appello di Roma di disapplicare il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019. L’indicazione “è discriminatoria perché non rappresenta le coppie dello stesso sesso che hanno fatto ricorso all’adozione in casi particolari”
La Redazione
Una carta di identità con la dicitura "genitori" ."Dopo il via libera del ministero della pubblica istruzione è arrivato quello del Mef: sulla carta d'identità elettronica dei minorenni ci sarà lo spazio per indicare madre e padre anziché l'espressione generica 'genitori'".Lo dice il vice-premier e ministro dell'Interno Matteo Salvini sottolineando che "ora manca in parere del Garante della Privacy e poi, sentita la Conferenza Stato-città, potrò firmare il decreto", Roma, 27 ottobre 2018 ANSA

La Cassazione ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno contro la decisione della Corte d’Appello di Roma di disapplicare il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019, con il quale era stato eliminato il termine “genitori” sulla carta di identità dei figli per tornare alla dicitura “padre” e “madre”. E’ quanto scrive il Sole 24 Ore che riferisce della sentenza delle sezioni unite civili secondo cui “l’indicazione ‘padre’ e ‘madre’ sulla carta d’identità elettronica è discriminatoria – si legge sul quotidiano – perché non rappresenta le coppie dello stesso sesso che hanno fatto ricorso all’adozione in casi particolari”. 

Il Tribunale di Roma aveva “disposto di indicare solo ‘genitore’ nella carta d’identità elettronica di un minore figlio di due madri, una naturale e una di adozione, che avevano fatto ricorso alla step child adoption”. Per i giudici di piazzale Clodio si tratta di una scelta obbligata affinché il documento, “valido per l’espatrio, desse una rappresentazione corrispondente allo stato civile del piccolo, che aveva il diritto ad ottenere una carta d’identità, utile anche per i viaggi all’estero, che rappresentasse la sua reale situazione familiare. Un diritto che il modello Cie, predisposto dal Viminale – si legge – non garantisce perché non rappresenta tutte ‘le legittime conformazioni dei nuclei familiari e dei correlati rapporti di filiazione’. Per la Cassazione, in sostanza, “è irragionevole e discriminatorio”.    Il decreto ministeriale del 2019 prevedeva che la carta elettronica, “consentiva di indicare in maniera appropriata solo una delle due madri ‘e imponeva all’altra di veder classificata la propria relazione di parentela secondo una modalità (‘padre’) non consona al suo genere'”.

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