Un giardino privato di Tuvixeddu che ha vissuto oltre settant’anni all’ombra di sepolture millenarie, e arricchito da un fico che, secondo la memoria storica dei residenti più anziani potrebbe essere stato centenario, è stato disboscato per salvare una tomba romana sottostante. Per la Soprintendenza una necessità. Ma per i proprietari un duro colpo.
Sconvolti i condomini del civico 59 di viale Sant’Avendrace, proprietari all’area verde, che hanno affidato il loro sdegno a un volantino affisso nella recinzione dell’adiacente ex cantiere Cocco. Nel mirino la Sovrintendenza che, secondo loro, in base ad accordi verbalmente assunti, avrebbe dovuto levare soltanto due piante del giardino per salvare la sottostante “Tomba dei pesci”, gioiello di Tuvixeddu, ricco di preziose decorazioni dell’età romana e minacciato dalle radici degli alberi del giardino e dall’umidità che rischiavano di far crollare il monumento.
Invece gli alberi da frutto spariti nel corso dei lavori operai di una ditta incaricata dalla Soprintendenza per la gestione del verde sono stati 7: tutti quanti. Il tutto in spregio delle rassicurazioni date verbalmente ai proprietari ai quali era stato detto, raccontano i condomini, che le piante che non fossero direttamente coinvolte nella tutela della tomba sarebbero state salvate.
“Nel giardino erano presenti limoni, mandarini, mandaranci, fichi, oltre a tutta una serie di arbusti tipici della macchia mediterranea, come lentisco, ginepro, artemisia, elicriso, mirto e molto altro”, dichiarano i proprietari, “l’azione di disboscamento è avvenuta senza la minima preoccupazione per il fatto che questi alberi e piante, oltre ad avere un valore ambientale, rappresentavano anche un ben preciso ecosistema, che da anni costituisce l’habitat anche di una fauna selvatica, come ricci, pappagalli, e altre specie, e come tale ulteriormente da tutelare”. Il giardino costituiva “beneficio, sia paesaggistico che pratico (soprattutto nel periodo estivo la presenza di piante ed alberi aiuta infatti molto a mitigare le alte temperature, oltre a contribuire a ripulire l’aria) per tutto il palazzo e quelli limitrofi, in una zona, quella di Sant’Avendrace, in cui purtroppo di verde pubblico non ne è presente moltissimo, e quello esistente andrebbe quindi a maggior ragione preservato gelosamente”.
Monica Stochino, Soprintendente ai Beni archeologici, ha dichiarato che l’intervento urgente della ditta incaricata si è reso necessario in tempi brevissimi: “L’occupazione d’urgenza originaria era finalizzata all’intervento complessivo di restauro della “Tomba del pesci” ma ci sono stati degli eventi di maltempo improvvisi e un crollo di una porzione di muro che ha reso necessario mettere in sicurezza il versante con il taglio della vegetazione che ha inciso di fatto sul fenomeno di dissesto e quindi era pressoché irrinunciabile intervenire per tutelare l’incolumità delle persone”.
E riguardo alla rabbia dei residenti ammette: “La ditta aveva previsto l’espianto ma pare che le piante fossero secche e non espiantabili. Però avrebbero dovuto fermarsi e consentirci di comunicare con i proprietari perché effettivamente hanno fatto tutto in mezza mattinata”.
La Soprintendenza svela anche i progetti per il futuro dell’area che sarà aperta al pubblico. Intende procedere all’acquisizione dell’area privata, d’accordo con i condomini, anche perché è “ricca di preesistenze di considerevole entità. Abbiamo appena avviato una conferenza di servizi con gli altri enti interessati: il demanio regionale, il Comune e la Regione. La competenza paesaggistica è nostra e per poter approvare il progetto di sistemazione dell’area, è necessario occuparsi del presidio della “Tomba dei pesci” che sarà la prima ad essere aperta. Dobbiamo finire i lavori di restauro e, dato che non può stare all’aperto, è necessario costruire una struttura che sarà di accoglienza, ma anche un edificio a protezione dell’accesso alla sepoltura”.