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Todde ko in tribunale, i giudici: “La decadenza? Deciderà il consiglio regionale”

Il caso diventa politico. Sarà l’Aula a esprimersi sul futuro della governatrice e della legislatura
Ennio Neri

La decadenza della Todde? Deciderà il consiglio regionale.

Sulla decadenza della Todde deciderà il Consiglio regionale. Ma ancora non si sa quando. E’ ancora da chiarire però se l’Aula dovrà pronunciarsi subito o attendere eventuali ulteriori gradi di giudizio. E se i consiglieri dovranno solo prendere atto del pronunciamento dei giudici o se avranno margini per una scelta “politica”.

 Nel delicato contesto della controversia sulle spese elettorali che ha coinvolto la Presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, il Tribunale ha fornito un’importante precisazione in merito alla sanzione più grave ipotizzata: la decadenza dalla carica.

Il provvedimento del Collegio di Garanzia Elettorale del 20 dicembre 2024, che ha già comminato a Todde una sanzione amministrativa di 40 mila euro per numerose violazioni nella rendicontazione delle spese elettorali, non ha decretato la sua decadenza. Piuttosto, ha ritenuto che le irregolarità riscontrate potessero determinare tale effetto, e ha quindi trasmesso gli atti al Presidente del Consiglio regionale, organo competente per avviare l’eventuale procedimento.

Il Tribunale ha confermato che non spetta né al Collegio di Garanzia né al giudice adito con il ricorso contro l’ordinanza-ingiunzione pronunciarsi sulla decadenza dalla carica di presidente. Tale prerogativa è attribuita esclusivamente al Consiglio regionale, che dovrà esprimersi sulla base dell’accertamento già compiuto dagli organi di controllo amministrativo e giudiziario.

E’ ancora da chiarire però se l’Aula dovrà pronunciarsi subito o attendere eventuali ulteriori gradi di giudizio.

L’organo giurisdizionale ha quindi ribadito i limiti delle proprie funzioni: può accertare le violazioni, ma non dispone dei poteri per dichiarare la decadenza, la quale resta una decisione politica e istituzionale in capo all’assemblea legislativa sarda.

Questa distinzione tra ambito tecnico-giuridico e ambito politico-istituzionale si rivela centrale in una vicenda che, al di là delle sanzioni economiche, potrebbe avere effetti significativi sulla stabilità politica della Regione. Ora la palla passa al Consiglio regionale, che dovrà valutare se le irregolarità accertate siano sufficienti a giustificare la rimozione di Alessandra Todde dalla guida della Giunta.

L’ordinanza ingiunzione, emessa il 20 dicembre 2024 e notificata a inizio gennaio, ha ritenuto la Presidente responsabile di sei violazioni della legge 515/1993 sulla trasparenza e il finanziamento delle campagne elettorali. Tra queste: la mancata nomina di un mandatario, l’assenza di un conto corrente dedicato, la non conformità del rendiconto, e irregolarità nella tracciabilità dei contributi ricevuti, anche tramite PayPal.

Le contestazioni

Secondo il Collegio, nonostante la candidata abbia dichiarato di non aver sostenuto spese dirette, il Comitato Elettorale del M5S avrebbe effettuato pagamenti a suo esclusivo beneficio, rendendo obbligatorio il rispetto delle procedure previste per i singoli candidati. In particolare, sarebbe mancata la trasparenza sui flussi finanziari e la documentazione richiesta, come estratti conto bancari e l’asseverazione del rendiconto da parte di un mandatario.

La decisione dell’organo di garanzia ha incluso anche la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica e al Presidente del Consiglio Regionale, per gli eventuali provvedimenti di decadenza previsti dalla legge.

Il ricorso

Todde ha reagito impugnando l’ordinanza il 27 gennaio 2025, sostenendo che la legge 515/1993 non si applichi al candidato presidente, in quanto le spese sarebbero state interamente sostenute dal Comitato M5S, senza alcun coinvolgimento finanziario personale. Ha inoltre eccepito vizi formali nel provvedimento, come la presunta illegittimità del voto espresso da membri del Collegio in conflitto di interessi, e la mancanza di sottoscrizione dell’ordinanza.

Secondo la difesa della Presidente, l’intera gestione della campagna sarebbe stata accentrata nel comitato elettorale del Movimento, rendendo superflua la nomina di un mandatario o l’apertura di un conto dedicato. Ma il Collegio ha rigettato questa impostazione, affermando che “non è ammissibile creare uno schermo tra il candidato e i suoi finanziatori”, e che la normativa impone requisiti individuali di rendicontazione per garantire trasparenza e legalità.

Un caso politico

Il procedimento potrebbe avere conseguenze dirompenti sul piano istituzionale e politico, aprendo scenari di instabilità nella guida della Regione a pochi mesi dal voto. Nel frattempo, la vicenda rischia di diventare un caso nazionale, con inevitabili riflessi anche all’interno del Movimento 5 Stelle, di cui Todde è espressione.

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