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Stadio del Cagliari, Giulini contro Solinas: “Ci ha fatto perdere 5 anni di tempo”

“C’è stato anche il Covid di mezzo”, dichiara il presidente del Cagliari, “e il progetto è cambiato perché, a maggior ragione durante la pandemia, abbiamo deciso di eliminare il centro commerciale evitando di danneggiare i tanti commercianti del quartiere Sant’Elia e dintorni”
La Redazione

“Con la giunta regionale guidata da Christian Solinas abbiamo di fatto perso cinque anni, c’è stato anche il Covid di mezzo, e il progetto è cambiato perché, a maggior ragione durante la pandemia, abbiamo deciso di eliminare il centro commerciale evitando di danneggiare i tanti commercianti del quartiere Sant’Elia e dintorni”. Così il presidente del Cagliari Tommaso Giulini, ospite della trasmissione Goal Economy, su Radio TV Serie A.

    “La partnership pubblico-privata necessita di un contributo pubblico perché appunto si tratta di un’opera pubblica che resta tale, con un’iniziale concessione di 50 anni”. La buona notizia, secondo Giulini, “è che sia tornato il sindaco Zedda e che la Regione Sardegna sia guidata da una nuova governatrice, Alessandra Todde, che mi auguro prenda in fretta in mano con priorità la pratica stadio”.

    Il presidente fa quindi il punto della situazione. “Va ricordato che ci sono vari modelli: lo stadio totalmente privato, di proprietà del club, che abbiamo scartato soprattutto per le enormi difficoltà vissute da chi mi ha preceduto; lo stadio completamente pubblico, e io credo che in Italia sia veramente difficile pensare che si possa riuscire in tempi ragionevoli, memore anche della mia esperienza nel settore industriale. Siamo partiti sul percorso pubblico-privato previsto dalla prima legge sugli stadi su suggerimento di Abodi, auspicando che nel 2025 la gara pubblica si apra: non è detto che la gara la vinca la società partner del Cagliari Calcio, e comunque i 50 milioni di contributo pubblico (regionale) andranno alla società aggiudicataria della concessione per la costruzione e gestione dell’impianto, che dovrà rientrare di un investimento che altrimenti sarebbe a perdere e a cui il Cagliari Calcio pagherà un cospicuo canone di locazione annuale per l’utilizzo dello stadio”.

    E ancora: “Pensiamo che fare uno stadio costa non meno di 150 milioni, recuperare quella somma è difficile, per usare un eufemismo. I potenziali 10/15 milioni annui di introiti aggiuntivi da match day sono l’unico ritorno economico che avrebbe il Cagliari Calcio, tutto il resto, inclusi i diritti di naming dello stadio, è della società di progetto che costruirà lo stadio. La speranza è di avere uno stadio nuovo prima possibile, identitario, innovativo e confortevole e che spinga emotivamente la squadra, e che ci consenta di investire di più anche nella costruzione dell’organico”.

Ricordo ancora le polemiche legate al concerto di capodanno 2024, polemiche legate ai costi eccessivi e alla scelta di far esibire Mengoni all’interno del polo fieristico. Dalla stampa dell’epoca si riporta:“A lievitare i costi il servizio di sicurezza per l’atteso e discusso concerto di Marco Mengoni alla Fiera di viale Diaz. Questo a causa della situazione di incertezza internazionale legata al conflitto in Medio Oriente. Cosa che ha indotto a rivedere la scelta iniziale di ospitare l’evento nella piazza dei Centomila.”

“Dalle parole e dagli sguardi di Gigi Riva percepii da lui cosa rappresenta il Cagliari per i cagliaritani e i sardi. Inizialmente mi mise in guardia dalla forte responsabilità che avrei dovuto assumermi, ma poi è iniziata questa lunga avventura”. Lo ha detto il presidente rossoblù Tommaso Giulini, ospite della trasmissione Goal Economy su Radio TV Serie A.
    Passione per il calcio: “La nostra famiglia – racconta – era nel cda dell’Inter con Moratti, poi nel 2014 ci fu la cessione dei nerazzurri a Erick Thohir. Fu in quel periodo che l’avvocato Mariano Delogu, nostro legale storico in Sardegna, iniziò a prospettarmi la possibilità che il Cagliari venisse venduto. Non mi sono mai sentito o confrontato più di tanto con Massimo Moratti, mi ha sempre infastidito l’accostamento fatto dai media sul mio presunto coinvolgimento nell’Inter in questi anni, e devo dire che Massimo con grande delicatezza ha sempre capito queste dinamiche e non mi ha mai chiamato”.
    Il rapporto con la Sardegna:
  “La frequento stabilmente da quando ho 27 anni, ci vado praticamente ogni settimana. Uno dei miei figli è nato a Cagliari, poi dovette rimanere a lungo in ospedale e vivemmo un periodo complicato, questo – spiega Giulini – è uno dei motivi per cui non viviamo in città e probabilmente ha limitato un po’ quella coesione con la gente e col territorio. Purtroppo mi manca vivere a 360 gradi Cagliari e la Sardegna. Il mio trascorso milanese, prima nel Milan e poi nell’Inter, magari non aiuta, in aggiunta al fatto che sono arrivato dopo un presidente viscerale, sanguigno, come quelli di una volta e di un altro tipo di calcio” Momenti sì e momenti no: “Il gol di Sau in B per il primo posto, poi il gol di Pavoletti a Bari. Ma anche a Sassuolo, l’anno scorso, è stato bellissimo”. Ranieri? “Qualche giorno prima della partita decisiva per la salvezza, il mister, che è stato fondamentale per quella resurrezione, mi disse che ormai gli pesava tanto fare avanti e indietro da Roma e che sperava di chiudere la sua carriera nei club con una salvezza. Furono giorni difficili da gestire perché solo io e lui sapevamo che ci saremmo salutati, c’era molta ansia e per fortuna tutto andò bene. Il suo ritorno in panchina nella sua Roma è assolutamente comprensibile”.
    Dopo Barella il diluvio, anzi la tempesta perfetta: “Cifra record per quanto concerne i trasferimenti tra club italiani – precisa il presidente rossblu – Reinvestimmo tutto su tre calciatori costati quasi 50 milioni: Simeone, Nandez, e Rog. Si è alzato il monte ingaggi ed è scoppiato il Covid.
  Il calcio ha bisogno di maggiore etica e sostenibilità, io sono per un modello più americano con salary cap dove si compete per competenza e non per portafoglio. Mi piacerebbe che tutti amassimo la Serie A un po’ di più e lavorassimo insieme per valorizzarla, affinché non venga del tutto erosa da altre competizioni internazionali e da differenti scelte sulla gestione dei ricavi”

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