Da tanti anni in Sardegna si occupa dei problemi dell’immigrazione e delle tante persone che hanno lasciato la propria terra per cercare fortuna, sfidando mille ostilità. Ndama Kane Loum, per tutti “Samba”, 63enne cittadino italiano di origine senegalese, con la sua associazione Thiossane Radici si occupa ormai da anni di aiutare chi arriva dall’Africa a inserirsi nella società e costruirsi un futuro.
Nella sua sede di via Newton a Selargius, infatti, sono 22 i ragazzi che Samba – nome preso dalla figura di un pastore religioso – aiuta nella ricerca di un lavoro. Un piccolo centro per l’impiego, quasi, ma per giovanissimi provenienti da Senegal, Nigeria, Guinea Bisseau, Camerun e Africa Subsahariana, una grande opportunità di cambiare in meglio la propria vita. “In passato avevo un camper mobile d’ufficio immigrazione della provincia. Adesso, invece, metto in comunicazione chi offre lavoro in diversi settori con chi, invece, come i miei ragazzi, cerca occupazione. Dalla nostra associazione,inoltre, esportiamo anche merce usata verso l’Africa”.
Di recente il caso di cronaca del drammatico rapimento della piccola Sofia dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza, il giorno dopo la sua nascita e in seguito ritrovata dopo quattro ore di ricerche. Dietro il gesto, Rosa Vespa, 51enne, e il marito Aqua Moses, 43enne di origine nigeriana, quest’ultimo scarcerato dal Gip nelle ultime ore in quanto era convinto fosse vera la gravidanza portata avanti dalla moglie che aveva raccontato a tutti di aspettare un figlio maschio. “Inizialmente i giornali gli avevano attribuito erroneamente cittadinanza senegalese – spiega Samba – e infatti tutta la comunità del Cagliaritano era rimasta risentita di questo errore, contattando anche l’ambasciata”. Un errore sin sa subito colto da Samba, mediatore culturale attento alle differenze di tradizione. “Già il nome, infatti, inglese, è nigeriano. E poi è stato ripreso con indosso vestiti e monili di tradizione nigeriana”.
Dal lavoro di Samba sono nati nel corso degli anni tanti progetti, tra Cagliari e non solo, che hanno aiutato i ragazzi a inserirsi nel tessuto sociale e lavorativo. “Ma spesso, quando questi finiscono nel mondo della microcriminalità e nello spaccio di droga, come nell’ultimo episodio di piazza del Carmine, può essere difficile guidarli e aiutarli”.