No in Sardegna al decreto sicurezza.
Anche in Sardegna si alza la voce contro il nuovo decreto Sicurezza del Governo. La prossima settimana sarà presentata in Consiglio regionale una mozione, promossa dal gruppo dei Progressisti e firmata dal capogruppo Francesco Agus, che chiede alla Giunta sarda di esprimere formalmente la propria contrarietà al provvedimento in fase di approvazione definitiva al Senato.
“Non si risponde al malessere e alla marginalità con nuove fattispecie di reato, né si affronta la crisi abitativa con lo sgombero coatto. Il carcere non può essere l’unica risposta alla povertà e alla protesta”, ha dichiarato Agus, sottolineando come il decreto, pur presentandosi come una misura emergenziale, finisca in realtà per estendere l’ambito penale, limitare le libertà civili e reprimere ogni forma di dissenso.
- Leggi anche Cagliari, gli avvocati penalisti contro il decreto sicurezza: “No a reati inutili e pene ingiustificate”
La mozione sarda
La mozione sarda segue l’esempio di Toscana ed Emilia-Romagna, dove Consigli regionali a guida progressista hanno già approvato atti simili, evidenziando anche possibili profili di incostituzionalità del decreto. In particolare, il testo sardo si oppone all’introduzione del reato di “rivolta” per i detenuti, all’estensione delle sanzioni verso chi manifesta pacificamente e al divieto generalizzato sulla canapa industriale, una misura che – secondo i firmatari – rischia di distruggere un intero comparto economico già normato.
La mozione richiama anche la mobilitazione di una parte della società civile: da giorni alcuni attivisti sono in sciopero della fame per denunciare quello che definiscono un “attacco ai diritti costituzionali” da parte dello Stato.
“In un Paese in cui i tassi di suicidio in carcere sono tra i più alti d’Europa e il sovraffollamento è cronico – ha aggiunto Agus – serve una riforma profonda del sistema penitenziario, non una nuova stagione repressiva”.
Secondo il capogruppo dei Progressisti, la Sardegna ha il dovere morale e politico di opporsi a un’impostazione securitaria che, a suo avviso, colpisce soprattutto le fasce più deboli della popolazione e mina le fondamenta dello Stato di diritto: “Difendere la Costituzione significa anche respingere norme che criminalizzano la povertà e il dissenso”.