500 vittime di infarto all’anno, in Sardegna, come registrato nel 2021. 1 paziente su cinque rischia un secondo episodio entro dodici mesi. E il colesterolo LDL, cosiddetto cattivo, rappresenta il principale fattore causale, da modificare per prevenire nuovi eventi.
Sono i numeri forniti da “Colpisci presto, colpisci forte”, lo studio italiano AT TARGET-IT, coordinato dal Prof. Pasquale Perrone Filardi, che ha coinvolto l’UOC di Cardiologia Clinica ed Interventistica dell’Ospedale Santissima Annunziata di Sassari, diretta da Prof. Gavino Casu. Tra gli studi, l’efficacia degli inibitori di PCSK9 nel ridurre rapidamente il colesterolo LDL post-infarto. A livello nazionale, il 68% dei pazienti ha raggiunto i 55 mg/dL al primo controllo con una riduzione del colesterolo LDL del 70%, evidenze confermate a livello locale.
“I pazienti che hanno avuto un infarto sono considerati ad altissimo rischio – spiega Prof. Perrone Filardi – Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di colesterolo LDL inferiori a 55 mg/dL, e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi cardiovascolari.” E aggiunge: “Tutti i pazienti dopo l’infarto dovrebbero fare un controllo dopo 4 settimane di terapia anti-lipidica per verificare l’efficacia del trattamento e se i livelli di LDL non sono ancora ottimali, è necessario modificare e ottimizzare la terapia”.
Come riportato dallo studio, più basso è il livello di colesterolo LDL raggiunto, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari: i pazienti che hanno raggiunto l’obiettivo di LDL 55 mg/dL hanno visto una significativa diminuzione del rischio rispetto a chi ha livelli superiori. Ma oltre l’80 % di sardi non raggiunge i livelli raccomandati. “Il colesterolo LDL, fattore modificabile essenziale, deve essere tenuto sotto controllo – le parole della Prof.ssa Roberta Montisci Direttore S.C. Cardiologia-Utic Policlinico Duilio Casula Azienda Ospedaliero Universitaria di Cagliari Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica Università di Cagliari – Agire tempestivamente per diminuire i livelli di LDL non è solo una necessità clinica, ma un imperativo per allontanare il rischio di nuovi eventi.”
Altro risultato rilevante dello studio è l’aderenza agli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, che ha raggiunto una percentuale molto alta di oltre il 90%. “Il trattamento con questi farmaci è sicuramente considerato più semplice e sicura”, spiega Prof. Casu, “con rari effetti collaterali e questo incide in modo determinante sull’adesione da parte dei pazienti”. E aggiunge: “Da non dimenticare il ruolo che gioca, l’accesso a queste terapie, oggi non ancora capillare sul nostro territorio, ma che in alcune province, come ad esempio Sassari, è favorito da un lavoro virtuoso tra i cardiologi che possono segnalare i pazienti idonei ad essere presi in carico dai centri prescrittori.”