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Imprese, potere e famiglie: la storia di Cagliari attraverso il racconto di ville e palazzi

Esce oggi il nuovo libro di Antonello Angioni: un percorso nei quartieri della città, fra le costruzioni che ne hanno rappresentato l’evolversi nei secoli sul piano politico, economico e culturale
Chiara Sulis

Un percorso che si snoda tra le vie e i quartieri di Cagliari e racconta la storia di una città attraverso i suoi palazzi, le ville, le costruzioni che nel corso dei secoli sono state funzionali ad esprimere il potere delle classi dominanti, prima nobiliari e poi mercantili, e all’emergere delle esigenze di quelle lavoratrici. Il libro di Antonello Angioni, “Cagliari: i palazzi, le famiglie, le imprese. Itinerario storico, artistico, sentimentale”, esce oggi per l’editore Isolapalma e si somma agli altri testi dell’autore che raccontano la città. Avvocato, giornalista, scrittore, Angioni è stato consigliere comunale nella passata legislazione e presidente della commissione Urbanistica del comune di Cagliari: come si legge nell’introduzione scrivere della città rappresenta un “atto d’amore”. In questo caso, il testo è il risultato di una “ricerca certosina” condotta con il “rigore dello storico” e la “passione del cittadino”: la scelta di raccontare la città attraverso i suoi palazzi deriva dal pensiero che “proprio l’ordito urbano, caratterizzato da una serie continua di trame edilizie e stratificazioni storiche, è in grado di offrire un quadro esaustivo – in chiave politica, economica e sociale – di quanto è avvenuto, nel corso dei secoli, tra quelle strade e in quei palazzi”.

E così, scorrendo i capitoli, si vede Castel de Càller popolarsi di nobili catalani e aragonesi, le cui tracce persistono oggi in palazzi e costruzioni sede del potere di allora, nel quartiere di Casteddu ‘e susu, o Castello. Tra Otto e Novecento una lenta e definitiva trasformazione della città da aristocratica a borghese sposta a sud l’asse del potere politico-economico: l’architettura si adegua, i palazzi di proprietà del ceto dei “negozianti”, in quel momento emergente, sono costruiti vicino al porto e alla stazione ferroviaria, nel lato esterno dei rioni di Stampace e Marina: “la città chiusa e ‘murata’ viene abbandonata per una città aperta ai traffici e ai commerci”. Vengono costruite le ville padronali e “la casa, in questo contesto, non è più il blasone di famiglia – simbolo distintivo del prestigio e del potere dell’antica casata – ma diventa il momento finale di un processo produttivo industriale (l’edilizia) destinato a creare ricchezza e profitto”. Si vede la Cagliari borghese di Ottone Bacaredda sorgere assieme alla ‘Palazzata’ di via Roma, alle costruzioni di piazza Carmine, nei viali Trieste e Regina Margherita. Ma non sono solo le classi privilegiate a plasmarla: con lo sviluppo economico-industriale del capoluogo il ‘serbidori’ diventa proletario, operaio salariato e anche la domanda di abitazioni cambia: operai e impiegati abiteranno le case popolari costruite “in una località alle propaggini del quartiere di Villanova allora denominata Campo Carreras”.

La storia architettonica della città continua nei due dopoguerra fino ad arrivare ad oggi, attraversa “un rapido processo di perdita dell’identità della vecchia Cagliari” con la ricostruzione disordinata della seconda metà del XX secolo. Oggi continua a plasmare il suo volto di città metropolitana aperta alle contaminazioni europee che fa da ambasciatrice di una Sardegna che non sempre l’ha amata: come scrive Angioni, Cagliari condivide il destino di ogni ‘capitale’, a un tempo parassita dell’Isola e supponente snob. Ma uno dei modi per amare un luogo è proprio quello di conoscerne le ragioni e scoprirne le evoluzioni, incontrare chi l’ha abitata e leggere come questo organismo che è la città ha cambiato aspetto e personalità.

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