“È successo davvero di tutto, negli ultimi giorni, nel carcere di Bancali, a Sassari”. Lo denuncia il sindacato Sappe, per voce del delegato della Sardegna Antonio Cannas. “Oramai è sempre la solita storia e alla fine a rimetterci è sempre il personale di polizia Penitenziaria che nonostante tutto continua a lavorare con spirito di sacrificio e abnegazione. Il fatto più grave è certamente la morte di un detenuto. Sono ancora in corso gli accertamenti per capire se la causa della morte del detenuto avvenuta a Bancali con l’inalazione in cella del gas della bomboletta che legittimamente i detenuti posseggono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande è la deliberata volontà di togliersi la vita o le conseguenze di uno sballo finito male, ma certo è che l’uomo è morto e questo è un fatto triste e grave”. Si tratta, stando a quanto trapela, di un ventiquattrenne straniero, nordafricano, e affetto da dipendenze. Per il segretario generale del Sappe “è ora che al posto delle pericolosissime bombolette a gas, a volte trasformate anche in bombe contro il personale di polizia Penitenziaria, si dotino le carceri di piastre elettriche per riscaldare il cibo dei detenuti. E il fatto che sia morto inalando il gas dalla bomboletta che tutti i reclusi legittimamente detengono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande, come prevede il regolamento penitenziario, deve fare seriamente riflettere sulle modalità di utilizzo e di possesso di questi oggetti nelle celle”.
“Poi”, prosegue Cannas, “a Bancali abbiamo registrato anche due aggressioni a poliziotti penitenziari, in due episodi differenti, nel reparto isolamento, e una improbabile fuga di un detenuto che si è infilato nel buco di una rete e si è fatto un giro per l’intercinta del carcere. È stato subito bloccato dagli agenti, che avevano segnalato già da tempo quel buco nella rete e la necessità di ripararlo”. Una situazione particolarmente difficile denuncia il sindacalista, che da notizia anche della particolare situazione in cui lavorano i poliziotti penitenziari: “Lavoriamo praticamente in un cantiere, tra polvere e rumori, in conseguenza di una serie di interventi di manutenzione che creano disagi ed evidenti criticità”.
Per Capece, “quel che sta succedendo nelle ultime settimane nelle carceri – tra suicidi, aggressioni, risse, evasioni – è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezza delle carceri attuato nel passato. Il sistema penitenziario, per adulti e minori, si sta sgretolando ogni giorno di più e ha assoluta necessità di interventi urgenti. Sono anni che il SAPPE denuncia la necessità di espellere i detenuti stranieri dall’Italia, detenuti che sono oggi quasi 20mila a fronte delle oltre 62mila presenze, e che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto: anche l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza in organico di poliziotti penitenziari, il mancato finanziamento per i servizi antintrusione e anti-scavalcamento sono priorità assolute, eppure, la politica se n’è completamente fregata. Compresi i famosi quattro parlamentari che vennero a Bancali solo per godere dell’esposizione mediatica conseguente alla visita di un ‘eccellente’ detenuto anarco-insurrezionalista e che sono fregati degli altri ristretti poveracci e dei poliziotti che vivono in difficoltà 24 ore al giorno!”.
“Si riparta da questi gravi fatti caduti nel carcere di Bancali per porre fine all’onda lunga dello smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari attuato nel passato”, conclude il leader del Sappe. “Smembrare la sicurezza interna delle carceri con vigilanza dinamica, regime aperto ed assenza di polizia Penitenziaria ha infatti favorito inevitabilmente gli eventi critici, che sono costanti e continui. E non è certo l’affettività in carcere a favore dei detenuti la priorità di intervento per il sistema carceri”. E, sull’ennesima croce dietro le sbarre, interviene Irene Testa, garante per i detenuti: “Il problema è sempre lo stesso. Abbiamo una percentuale di detenuti che sono fragili. Per loro non esistono strutture dedicate”, ricorda la Testa, “la popolazione fragile che vive dietro le sbarre non ha nessuna cura o sostegno per quanto concerne le dipendenze”.