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Disturbo bipolare, dagli studi di 2 scienziati cagliaritani nuove strategie per la prevenzione

800 ricercatori coinvolti e scoperte 298 regioni del genoma contenenti varianti genetiche che aumentano il rischio. Rilevati 36 geni a elevata rilevanza
La Redazione

Scienziati sardi, e non solo, in un consorzio per lo studio biologico del disturbo bipolare. L’obiettivo è identificare strategie per la prevenzione della malattia. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Nature intitolato “Genomics yields biological and phenotypic into bipolar disorder”, condotto dal Psychiatric genomics consortium (Pgc). Sono circa 800 i ricercatori coinvolti, provenienti da più di 150 istituzioni in oltre 40 paesi. E tra questi c’è un pool dell’Università di Cagliari: il professor Alessio Squassina e la professoressa Claudia Pisanu della sezione di Neuroscienze e farmacologia clinica del dipartimento di Scienze biomediche, e i professori Mirko Manchia e Bernardo Carpinello della sezione di Psichiatria del dipartimento di Scienze mediche e sanità pubblica. In particolare, il gruppo di scienziati dell’ateneo cagliaritano ha contribuito alla ricerca mettendo a disposizione del consorzio i dati clinici e genetici di circa 600 pazienti con diagnosi di disturbo bipolare individuati in Sardegna. La raccolta dei dati era stata portata avanti negli ultimi 30 anni dal professor Bernardo Carpinello e dalla professoressa Maria Del Zompo (Università di Cagliari) e dal professor Leonardo Tondo (Harvard University). Lo studio a cui hanno partecipato i ricercatori sardi è stato condotto attraverso analisi genomiche su una popolazione di 158.036 pazienti con disturbo bipolare e 2,8 milioni di soggetti sani, di diversa origine etnica (europea, asiatica, afroamericana e latina), reclutati presso 79 centri. Un lavoro fondamentale, quello condotto dal team di scienziati e ricercatori, che fornisce importanti informazioni biologiche che porterebbero a trattamenti migliorati e approcci medici più precisi al disturbo bipolare: scoperte 298 regioni del genoma contenenti varianti genetiche che aumentano il rischio. In questo modo sono stati identificati 36 geni a elevata rilevanza, oggetto di studi futuri.

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