Il Porto Canale di Cagliari registra un’importante ripresa nei volumi di traffico container: secondo i dati più recenti, nel 2024 sono stati movimentati 100 mila TEUs da parte della società MITO Srl, segnando un balzo del 77,7% rispetto ai 55 mila del 2023. A questi si sommano ulteriori 100 mila TEUs riconducibili ai traffici gestiti dai gruppi Grendi e Grimaldi, in aumento del 18% rispetto all’anno precedente.
Ma se da un lato i numeri confermano una tendenza positiva per lo scalo sardo, dall’altro emergono forti preoccupazioni sul suo futuro. A generare tensione è la manifestazione di interesse della Nuova Icom Srl, azienda insediata nel 2023, che ha richiesto in concessione una parte della banchina, del piazzale retrostante e dello specchio acqueo del porto per movimentare componenti e semilavorati prodotti nel proprio stabilimento.
Parere favorevole ma con riserva
Il Comitato di Gestione dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sardegna ha espresso parere positivo all’unanimità, subordinando però il rilascio della concessione all’approvazione di un Adeguamento Tecnico Funzionale. Questo passaggio è necessario per ampliare le destinazioni d’uso della banchina, oggi riservata al traffico container, anche ad altre tipologie merceologiche.
L’obiettivo dichiarato della Nuova Icom è quello di creare un polo industriale specializzato nella carpenteria metallica di grandi dimensioni, aumentando i livelli produttivi e contribuendo allo sviluppo occupazionale e al rilancio dell’area portuale.
La Cgil: “No alla frammentazione”
A sollevare dubbi sulla cessione di parti dell’infrastruttura è la Cgil regionale, insieme alle sigle territoriali di Cagliari e della Filt. Il sindacato invita alla prudenza, sottolineando la necessità di attendere la riunione regionale prevista per il 6 maggio prima di assumere decisioni strategiche che potrebbero compromettere il rilancio del porto nel settore del transhipment.
«Siamo favorevoli allo sviluppo della Nuova Icom – afferma la CGIL – ma riteniamo che debbano essere individuate altre aree già disponibili, senza intaccare l’integrità del Porto Canale». Il timore è che una concessione “spezzettata” possa minare la vocazione originaria dello scalo, ovvero quella di essere un hub internazionale per lo smistamento delle merci, con profondi riflessi sull’economia e sull’occupazione qualificata.
In questa direzione, il sindacato ha trasmesso oggi una proposta di sviluppo all’assessorato regionale all’Industria, auspicando che la strategia complessiva non disperda le potenzialità legate alla zona franca e al traffico globale di merci.