È stata una sonora stroncatura quella ricevuta dal parco eolico “Su Murdegu” di Sanluri
Il parco eolico era previsto tra i comuni di Villanovafranca, Furtei, Villamar e Sanluri, pianificato in Sardegna dalla società energetica milanese GRV Wind Sardegna 7 s.r.l con sette aerogeneratori per una potenza complessiva di 42 MW. Ma il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (Via) ha detto no, e anche il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna ha sancito l’inutilità del ricorso promosso dalla società contro l’amministrazione per presunto silenzio.
La sentenza del 2 maggio 2025 ha dichiarato “improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse” il ricorso della GRV Wind, negando così anche il risarcimento richiesto per il ritardo nella conclusione del procedimento. Niente soldi dal Ministero dell’Ambiente, e niente pale eoliche in un’area ad alto valore culturale e paesaggistico.
A rischio c’era un territorio fragile e prezioso, la Marmilla, già circondata da altri progetti energetici invasivi, spesso collocati in prossimità di siti archeologici unici come la reggia nuragica di Barumini (Patrimonio Unesco) e il nuraghe Genna Maria di Villanovaforru. La centrale sarebbe sorta in un contesto rurale e storico-culturale di grande rilievo, compromettendone irrimediabilmente l’identità.
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Il decreto direttoriale del 9 aprile 2025 ha dichiarato ufficialmente il progetto incompatibile con i valori ambientali e culturali, sulla base di molteplici pareri negativi, fra cui quelli della Commissione Tecnica Pnrr-Pniec e della Soprintendenza speciale per il PNRR del Ministero della Cultura. La legge regionale 20 del 2024, che individua le aree idonee e non idonee agli impianti FER (Fonti di Energia Rinnovabile), è stata considerata pienamente operativa.
Gli ecologisti
Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha espresso soddisfazione per la decisione del no al parco eolico di Sanluri, ribadendo il sostegno a una transizione energetica equa e sostenibile, che non si trasformi in una corsa alla speculazione. E di speculazione si parla ormai apertamente: non solo in Sardegna, ma anche in regioni come la Puglia, la Maremma, la Tuscia e i crinali appenninici.
Dati alla mano, il fenomeno è allarmante: al 31 marzo 2025, Terna ha ricevuto 6.070 richieste di connessione per nuovi impianti, per una potenza totale di oltre 355 GW — quasi cinque volte l’obiettivo previsto al 2030 (70 GW). In Sardegna, le richieste coprono 54,40 GW, ovvero più di 25 volte la capacità oggi installata. Ma l’Isola già produce il 38% di energia in più rispetto al proprio fabbisogno e ne esporta quasi il 28%.
Un’overdose di energia che né può essere consumata localmente, né trasportata efficacemente verso la Penisola (persino con il futuro Tyrrhenian Link), né stoccata per usi futuri, viste le carenze impiantistiche attuali.
La Soprintendenza speciale per il Pnrr è stata chiara: si rischia una “sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti industriali”, e non solo in Sardegna. Su scala nazionale, infatti, le richieste di nuovi impianti superano di quasi cinque volte l’obiettivo europeo al 2030.