Manuela Murgia, periti al lavoro sui vestiti a Cagliari: caccia alle tracce dell’assassino
Manuela Murgia, periti al lavoro sui vestiti a Cagliari: caccia al dna. Trent’anni dopo la morte di Manuela Murgia, la sedicenne trovata senza vita nel 1995 nella zona di Tuvixeddu, il suo caso torna sotto i riflettori della cronaca e della giustizia. Questa mattina, su disposizione del giudice per le indagini preliminari Giorgio Altieri, sono iniziati gli esami irripetibili sui vestiti della ragazza, nella speranza di ottenere un elemento chiave: una traccia di Dna che non appartenga alla vittima.
Un momento tanto atteso dai familiari e da tutta la comunità che, in queste ore, si è stretta in un pensiero collettivo per Manuela, con messaggi di affetto e vicinanza diffusi anche via social: “Siamo con te, Manuela, non ti abbiamo mai lasciata. Ti porteremo in cielo”, scrivono parenti e amici. La tensione è alta, ma anche la determinazione nel far emergere la verità.
Gli specialisti del Ris
Gli accertamenti tecnici si svolgono alla presenza di quattro specialisti del Ris, due per ciascuna parte, in un contesto garantito di contraddittorio tra accusa e difesa. Tuttavia, i risultati non saranno immediati: serviranno almeno due o tre mesi per analizzare i reperti e verificare la presenza di profili genetici diversi da quello della giovane Manuela.
Al centro dell’inchiesta c’è l’unico indagato: Enrico Astero, oggi 54enne, ex fidanzato della ragazza, assistito dall’avvocato Marco Fausto Piras. Astero ha sempre dichiarato la propria innocenza, sostenendo di essere stato escluso dall’indagine già negli anni Novanta grazie a un alibi ritenuto solido. Ha inoltre affermato che, al momento della morte di Manuela, tra loro non c’era più alcun legame sentimentale o personale.
La riapertura dell’inchiesta
La riapertura dell’inchiesta è stata resa possibile grazie alla determinazione della famiglia di Manuela e all’impegno dei legali Bachisio Mele, Giulia Lai e Maria Filomena Marras. Dopo anni di archiviazioni e ipotesi di suicidio, sono riusciti a convincere la magistratura a riconsiderare il caso, spinti da numerose incongruenze e dubbi mai chiariti.
Anche qualora il Dna isolato non dovesse corrispondere all’indagato, gli investigatori sottolineano che potrebbe comunque costituire un punto di svolta per proseguire l’indagine e ricostruire con maggiore chiarezza quanto accaduto alla giovane Manuela.
La città attende ora, con rispetto e speranza, i prossimi sviluppi. Trent’anni di dolore chiedono finalmente giustizia.