La crisi del ceto medio che si riflette sulla partecipazione al voto, la preoccupazione che i flussi migratori possano trasformare la società integrando atteggiamenti estranei allo stile di vita italiano consuetudinario, i temi internazionali che per forza di cose tendono a comprimere l’agenda italiana, il cambiamento climatico come motivo di trasformazione radicale del prossimo futuro: nel Rapporto 2024 del Censis, presentato oggi, emerge che la società in Italia è turbata e in profondo cambiamento.
Le difficoltà del ceto medio hanno portato alla messa in discussione dei grandi valori unificanti del passato modello di sviluppo, come il valore irrinunciabile della democrazia e della partecipazione, un conveniente europeismo e atlantismo. È riprova di questo “il ritrarsi dalla vita pubblica, con un tasso di astensione che alle ultime elezioni europee del 2024 ha toccato un livello mai raggiunto prima nella storia repubblicana, pari al 51,7%, non dimenticando che alle prime elezioni dirette del Parlamento europeo, nel 1979, l’astensionismo si fermò al 14,3%”. Nel Rapporto viene segnalata anche una sfiducia crescente nei sistemi democratici, “dal momento che l’84,4% degli italiani è convinto che ormai i politici pensino solo a sé stessi e il 68,5% ritiene che le democrazie liberali occidentali non funzionino più”. Addirittura, l’Ue sarebbe vista come un guscio vuoto “inutile o dannoso” e sarebbe in corso una crisi crescente dei valori unificanti del passato, ciò anche alla luce del fatto che “il 70,8% degli italiani esprime oggi un più o meno viscerale antioccidentalismo ed è pronto a imputare le colpe dei mali del mondo ai Paesi dell’Occidente”. In tutto questo pesa anche la convinzione che l’Occidente sia destinato a soccombere, economicamente e politicamente, dinanzi all’ascesa di Paesi come la Cina e l’India.
Lo scacchiere internazionale che orienta la bussola della politica italiana come mai prima d’ora, non a caso per il 49,6% dei nostri connazionali il cambiamento climatico e gli eventi atmosferici catastrofici saranno motivo di trasformazione nel futuro prossimo, ma per il 46% a condizionare maggiormente gli eventi saranno gli esiti della guerra in medio oriente e il rischio (45,7%) di crisi economiche e finanziarie globali. Poi il capitolo migranti: “le questioni identitarie tendono a sostituire le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica”. Tant’è che “il 57,4% degli italiani si sente minacciato da chi vuole radicare nel nostro Paese regole e abitudini contrastanti con lo stile di vita italiano consolidato, come ad esempio la separazione di uomini e donne negli spazi pubblici o il velo integrale islamico”. Ma non basta, c’è anche un 38,3% di nostri connazionali che si sente minacciato da chi vuole facilitare l’ingresso nel Paese dei migranti; e un 29,3% vede come un nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale. Si tratta, a detta degli autori dello studio, di differenze che possono trasformarsi “in fratture e potrebbero degenerare in un aperto conflitto”. Allo stesso modo, si sottolinea, il 29,3% degli italiani “vede come un nemico chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale”.
Tuttavia “negli ultimi dieci anni sono stati integrati quasi 1,5 milioni di nuovi cittadini italiani, che prima erano stranieri”. E in questo può sorprendere constatare che l’Italia si collochi al primo posto tra tutti i Paesi Ue per quantità di cittadinanze concesse (213.567 nel 2023). Con un numero molto più alto delle circa 181mila acquisizioni in Spagna, delle 166mila in Germania, delle 114mila in Francia e delle 92mila in Svezia. Poi, viene ricordato, le cittadinanze nel 2022 ammontavano al 21,6% di tutte quelle registrate nei Paesi Ue (circa 1 milione); e il nostro Paese è primo anche per il totale cumulato nell’ultimo decennio (+112,2% tra il 2013 e il 2022).
In tema di istruzione, o quella che viene definita ‘la fabbrica degli ignoranti’, emerge che la mancanza di conoscenze di base “rende i cittadini più disorientati e vulnerabili”. In termini di apprendimento non raggiungerebbe l’auspicato traguardo per la lingua italiana il 24,5% degli alunni al termine del ciclo di scuola primaria, il 39,9% al terzo anno della scuola media e il 43,5% all’ultimo anno della scuola superiore (dato che negli istituti professionali sale vertiginosamente all’80%).
Sotto la lente anche il “divorzio” tra città e campagne, soprattutto sotto il profilo dei servizi (pubblici e privati): se in media in Italia le famiglie hanno difficoltà a raggiungere una farmacia (13,8%, pari a 3,6 milioni) o per accedere a un Pronto soccorso (50,8%, circa 13 milioni), nel caso dei comuni fino a 2mila abitanti le difficoltà riguardano rispettivamente il 19,8 e il 68,6% dei nuclei familiari. E, ancora sul welfare, secondo il Censis nel periodo 2013-2023 si è registrato un balzo in avanti del 23% in termini reali della spesa sanitaria privata pro-capite, pari nell’ultimo anno ad oltre 44 miliardi di euro.