Virus del fegato, screening per migranti al Policlinico di Monserrato.
Epatiti virali e virus, screening per migranti al Policlinico di Monserrato. Portare la sanità pubblica nelle periferie della società, dove l’accesso alla diagnosi è spesso ostacolato da barriere culturali, linguistiche o burocratiche. È questa la missione del progetto LIVErS, promosso dagli epatologi del Policlinico Duilio Casula, che da mesi effettuano screening per le epatiti virali e l’HIV nei Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) del sud Sardegna, rivolgendosi ai migranti presenti sul territorio.
Il progetto coinvolge direttamente la struttura semplice di Malattie del Fegato dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari e si inserisce tra le iniziative più concrete e sensibili a livello regionale in materia di salute pubblica e inclusione. Lo scopo è duplice: offrire una diagnosi precoce a persone vulnerabili e, allo stesso tempo, interrompere la catena del contagio.
Lo screening
«Intercettare chi è portatore di epatite nei CAS – spiega il professor Luchino Chessa, epatologo e responsabile del progetto – significa dare una concreta opportunità di guarigione a chi sta iniziando un percorso di inserimento sociale in un Paese nuovo, lontano da guerre e povertà. È anche un atto di responsabilità collettiva, perché permette di tutelare la salute di tutti».
Lo screening riguarda i virus dell’epatite A, B, C e D, oltre al test per l’HIV. I pazienti positivi vengono presi in carico da un’équipe multidisciplinare composta da epatologi e infettivologi del Policlinico Casula e del Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica dell’Università di Cagliari. Per ciascun paziente viene attivato un percorso di cura e follow-up, che consente di monitorare la malattia e limitare il rischio di complicanze gravi.
I dati
I dati emersi dai primi mesi di attività sono significativi: in Sardegna si stimano oltre 30mila persone portatrici del virus dell’epatite B o C, molte delle quali inconsapevoli. «Abbiamo in cura oltre 9mila pazienti affetti da malattie epatiche – conclude Chessa – e circa la metà ha un’infezione virale. Riuscire a diagnosticare l’epatite in tempo permette non solo di salvare vite, ma anche di fermare la diffusione del virus nella popolazione».
Il progetto LIVErS si muove in linea con gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che punta a eliminare le epatiti virali come minaccia globale entro il 2030.