Detenuti stranieri dalla Penisola alle carceri della Sardegna, fioccano le polemiche
Ministero e Dipartimento della Giustizia continuano e riversare in Sardegna senza sosta detenuti stranieri. I dati di ottobre fanno registrare infatti un’impennata di presenze straniere, con una percentuale che sfiora il 30%.
A fronte di 2547 (per 2479 posti) persone private della libertĆ 746, pari al 29,2%, sono straniere, prevalentemente extracomunitarie.
Si tratta di arrivi nell'Isola da altre strutture detentive della Penisola.
Un autentico record anche in considerazione della crescita del 20,3% nell'ultimo mese. A settembre i detenuti stranieri erano infatti 'solo'620". Lo rende noto Maria Grazia Caligaris, presidente dell'associazione "Socialismo Diritti Riforme", esaminando i dati pubblicati dall'Ufficio Statistica del Ministero.
"Viva preoccupazione per le condizioni di vita delle strutture quasi tutte oltre il limite regolamentare e per la carenza di personale educativo e di mediatori culturali".
Inoltre, non va dimenticata la presenza dei 41bis a Sassari e Nuoro e, a breve, a Uta.
"A soffrire maggiormente sono, come sempre, le principali Case Circondariali di Cagliari (188 stranieri su 737 detenuti - 25,5% per 561 posti) e Sassari (172 stranieri su 552 detenuti (31,1%) per 458 posti.
Il numero più elevato si registra a Mamone-Onanì 107 stranieri su 192 detenuti pari al 56,2%2.
"La realtĆ isolana della detenzione ha ormai perso del tutto quell'immagine di oasi che il Ministero ha sempre voluto accreditare", prosegue la Caligaris.
Anzi: "Assume invece quella di luogo di 'deportazione' in una servitù penitenziaria circondata dal mare".
"Attualmente ĆØ cresciuto notevolmente anche il numero delle donne nelle sezioni di Cagliari-Uta (32) e Sassari-Bancali (24)i.
Spesso i trasferimenti avvengono senza che le persone possano portare con sƩ il vestiario e i propri oggetti personali e sono costrette ad aspettare mesi, e spesso a pagare il viaggio del bagaglio lasciato nelle carceri di provenienza".
"Il sovraffollamento comporta serie limitazioni nelle attivitĆ trattamentali, giĆ messe in profonda crisi dal centralismo ministeriale che ha avocato a sĆ© il nulla osta per qualunque iniziativa di recupero sociale e culturale. In realtĆ ĆØ chiaro che ĆØ in atto un tentativo di mettere tra parentesi l'articolo 27 della Costituzione e l'Ordinamento Penitenziario per una gestione sicuritaria. La carenza di personale penitenziario, con e senza, e la burocratizzazione comporteranno la chiusura dei detenuti nelle celle, senza attivitĆ riabilitative. Continuando di questo passo ā conclude la presidente di SDR ā la detenzione assumerĆ sempre più un carattere punitivo fine a se stesso facendo tornare il sistema indietro di 50 anni".