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Cibo e bollette, boom di sardi alla Caritas per mangiare e curarsi: 128mila famiglie in ginocchio

Dati allarmanti e chi si mette in fila per gli aiuti è nato in Sardegna. In calo gli stranieri in difficoltà
Paolo Rapeanu

Povertà in netto aumento in Sardegna, 128mila famiglie bussano alla Caritas: priorità a cibo e bollette

Povertà in aumento in Sardegna: nel 2024 oltre 128 mila famiglie in difficoltà Nel 2024 circa 128.000 famiglie sarde vivevano in condizioni di povertà relativa, quasi 10.000 in più rispetto alle 118.000 del 2023.

Il dato emerge dal XX Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Sardegna, presentato a Sassari dalla Caritas, che ha incrociato le statistiche Istat con le informazioni raccolte nei centri di ascolto distribuiti sul territorio regionale.

Durante l’anno, i 78 centri attivi in 42 comuni dell’isola hanno accolto — una o più volte — 10.418 persone alle prese con difficoltà personali o familiari. Rispetto al 2023 (quando erano 10.919), il numero segna un lieve calo del 4,8%, ma resta comunque superiore a quello registrato nel 2020, primo anno della pandemia (10.125).

Tra coloro che si sono rivolti ai centri nel 2024, il 27% (pari a 2.824 persone) lo ha fatto per la prima volta.

A differenza del quadro nazionale, dove la maggioranza dei richiedenti è di origine straniera, in Sardegna prevalgono i cittadini italiani (63,2%), con una forte concentrazione nella diocesi di Cagliari, che raccoglie oltre due quinti del totale.

Tante donne povere, lo stipendio in Sardegna non basta più

Le donne rappresentano il 51,9% delle persone ascoltate, una su quattro ha più di 50 anni, e quasi l’85% è in età lavorativa. Tuttavia, metà di loro è disoccupata e costretta a chiedere aiuto.

Nel corso del 2024, la Caritas ha registrato 63.647 richieste di sostegno, in crescita rispetto alle 58.818 del 2023. Oltre la metà (54,6%) riguardava problemi economici o legati al lavoro.

Le difficoltà più diffuse sono il reddito insufficiente per far fronte alle spese quotidiane — casa, alimentazione, scuola, sanità — e la mancanza di un’occupazione stabile, che comprende non solo disoccupazione e inattività, ma anche lavoro precario, sommerso o sottopagato (3,9%), periodi di cassa integrazione, mobilità o impieghi dequalificanti e rischiosi, spesso privi di adeguate tutele.

Le richieste di beni materiali restano la forma di aiuto più frequente: l’87,2% del totale, in aumento di 3,3 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Si tratta principalmente di alimenti — pacchi viveri, pasti nelle mense, forniture a domicilio o negli empori solidali — ma non mancano le domande di sostegno per bollette, affitti e mutui, segno di un disagio economico sempre più diffuso e radicato.

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