No all’arrivo di 92 mafiosi nel carcere di Uta. Il pollice verso arriva dal Consiglio comunale di Uta: i consiglieri (solo quelli che sostengono l’attuale maggioranza, particolare sicuramente ‘curioso’ vista la delicatezza del tema) hanno votato a favore della mozione scritta, firmata e presentata dal sindaco, Giacomo Porcu. La paura di ritrovarsi invischiati, in un domani nemmeno troppo lontano, con una criminalità organizzata e che segue regole sconosciute ai sardi ha portato alla votazione urgente del documento. Si tratta di un messsaggio molto forte, il senso? I detenuti al 41 bis vengano mandati altrove, non qui a Uta e, già che ci siamo, nemmeno in Sardegna.
Nella mozione il sindaco di Uta, Giacomo Porcu, ricorda alcuni articoli della Costituzione e, poi, va subito al sodo. Il carcere di Uta “risulta già operativo da circa un decennio con la presenza fisica di oltre mille persone tra detenuti e personale addetto alla sorveglianza e gestione della struttura” e “si possono costantemente riscontrare gravi criticità riguardanti il delicato servizio cui la struttura è deputata. Carenza degli organici della polizia Penitenziaria, carenze nei servizi socio sanitari dedicati, carenze strutturali nei servizi a supporto dell’istituto e, loro malgrado, negli enti competenti alla fornitura di servizi specifici”.
Il sindaco fa quadrato attorno alla presidente della Regione, Alessandra Todde: “Il 18 giugno ha firmato una nota, mandata al ministro della Giustizia Carlo Nordio, con la quale ha espresso la forte preoccupazione per l’ipotizzato avvio presso il penitenziario del regime detentivo del 41 bis”. Sarebbero evidenti “i pericoli di natura sociale, sanitaria, di inquinamento economico dovuto alla possibile infiltrazione criminosa nel tessuto produttivo e finanziario sardo a seguito dell’arrivo di esponenti di primo piano della criminalità organizzata in terra sarda”. Da qui il “no, grazie”, alla presenza di 92 mafiosi, firmato ufficialmente dai vertici del Comune di Uta.