“E’ a rischio la continuità assistenziale dei detenuti con patologie psichiatriche e tossicodipendenze nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta. Una psichiatra da sola non può gestire una realtà in cui una parte consistente delle 725 persone ristrette presenta un quadro sanitario con gravi disturbi psichici della personalità e diagnosi di dipendenze non solo da sostanze psicotrope. E’ urgente un’integrazione del personale anche per evitare che la situazione possa degenerare”. Lo sostiene Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” avendo ricevuto alcune segnalazioni da parte di alcuni familiari di detenute/i.
Uta, "follia" in carcere: "Un solo psichiatra per 725 detenuti"
"Pur apprezzando i notevoli sforzi dei Sanitari del carcere per migliorare la qualità del servizio – osserva – è evidente che la forte carenza di personale specialistico psichiatrico, psicologico e tossicologico ne influenza negativamente l'operato creando apprensione nei familiari che lamentano anche l'assenza di un'adeguata presenza del personale dei SERD. E' opportuno ricordare inoltre che nella Casa Circondariale di Cagliari-Uta sono previsti 4 psichiatri, figure professionali che dovrebbero essere affiancate anche da almeno un tossicologo (da tempo del tutto assente). La situazione è ancora più grave perché anche i servizi territoriali sono fortemente carenti".
"All'appello nell'Istituto penitenziario mancano altresì l'oculista, il neurologo, l'otorino e l'assistente sociale per le misure alternative e le pratiche pensionistiche. A breve prenderà servizio l'endocrinologo che si aggiunge al cardiologo e al chirurgo da poco inseriti nell'organico tuttavia senza il completamento delle figure professionali la salute in carcere resta problematica anche perché il lavoro dei Sanitari è gravato dalla burocrazia con richieste costanti di relazioni da parte del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, soprattutto nei confronti di detenuti sottoposti a sorveglianza particolare per ragioni di sicurezza. Insomma affinché il diritto alla salute sia pienamente garantito occorrono – conclude Caligaris – il personale e un coordinamento tra la struttura penitenziaria e il territorio. Ciò permetterebbe a molte persone ristrette di poter più facilmente accedere alle pene alternative".