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Uta, bocciato il mega impianto fotovoltaico accanto al nuraghe

Il ministero dell’Ambiente ha stroncato il progetto di centrale fotovoltaica a terra con potenza superiore a 96 MWp, proposta dalla società romana Diomede su oltre 220 ettari di area agricola densa di testimonianze archeologiche a Serra Taccori. Esultano gli ecologisti
La Redazione

L’associazione ecologista Gruppo d’Intervento Giuridico esprime forte soddisfazione per la solenne bocciatura del progetto per la realizzazione di una centrale fotovoltaica a terra con potenza superiore a 96 MWp, proposta dalla società romana Diomede su un’estensione di oltre 220 ettari di area agricola densa di testimonianze archeologiche prevalentemente di epoca nuragica in località Serra Taccori, a Uta.

Il ministero dell’Ambiente ha concluso negativamente il procedimento di valutazione di impatto ambientale, accogliendo fra l’altro le “osservazioni” apportate dal GrIG con specifico atto di intervento. 

Oltre alle carenze progettuali e di analisi del territorio emerse nel corso del procedimento, l’area individuata è un esempio del tipico paesaggio archeologico della Sardegna.

Nel l’area spiccano il sito preistorico di Su Niu de su Pilloni, esteso 4 ettari, numerosi Nuraghi e un villaggio nuragico (Mitza Padentina) tutelati per legge con vincolo culturale, la stessa “Relazione Archeologica” presente nello studio di impatto ambientale evidenzia un rischio archeologico alto nella vasta area intorno al Nuraghe Taccori, con presenze archeologiche di epoca nuragica e di epoca romana.

“Sarebbe stato un impianto di produzione energetica decisamente fuori luogo e per giunta inutile per la collettività, un tipico caso di speculazione energetica”, spiega Deliperi, che sottolinea “l’importanza dell’individuazione e previsione dei beni ambientali e storico-culturali da tutelare quanto più possibile con i provvedimenti di vincolo previsti dalla legge e dai conseguenti atti di pianificazione paesaggistica. Fondamentali”, aggiunge, “saranno le puntuali definizioni delle aree idonee e aree non idonee all’installazione di impianti produttivi di energia da fonti rinnovabili. In quest’ultima sede”, aggiunge, “devono essere individuate con adeguata motivazione tutte le misure di salvaguardia per dichiarare “non idonee” le aree di valore naturalistico, paesaggistico, storico-culturale, identitario, agricolo per preservare i tanti luoghi del Bel Paese che non possono e non devono finire asserviti”, conclude, “a una monocoltura industriale energetica palesemente sovradimensionata rispetto alle reali esigenze”.

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