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Saviano: “La mafia in Sardegna? Non ci sarà mai. Nell’Isola odiano boss e gerarchie”

Lo scrittore descrive l’assalto ai portavalori a Livorno ed evidenzia i legami tra la criminalità sarda e le organizzazioni del Meridione. Sono due i gruppi isolani specializzati in questo tipo di operazioni: uno è di Desulo, l’altro di Sassari
Chiara Sulis

“I sardi producono criminali ma non mafia: le organizzazioni in Sardegna riescono a strutturarsi in gruppi di banditi e assalitori di portavalori ma non in strutture criminali mafiose”.  Roberto Saviano parla della rapina avvenuta in provincia di Livorno, sulla Aurelia, nel pomeriggio di venerdì 28 marzo, e spiega i legami tra i gruppi criminali dell’Isola e quelli del ‘continente’. “Culturalmente il criminale sardo mal sopporta la gerarchia costante, l’essere soldato sottoposto a un capo, a un boss”, spiega il giornalista e scrittore, esperto di organizzazioni criminali. “Valeva così anche per i sequestri, fa un assalto per emanciparsi dal lavoro dipendente ma ha difficoltà a inserirsi in una dinamica di obbedienza, scalata al potere, gerarchie e gradi”.

Le bande specializzate in assalti ai portavalori in Italia, spiega sul suo canale YouTube Saviano, sono riducibili a due macro-gruppi: sardo (Sassaresi e Desulesi) e foggiano.

In Sardegna, racconta, sono presenti referenti della camorra e della ‘ndrangheta per il mercato interno di droga e l’Isola viene utilizzata anche come hub per conservare la merce in attesa di farla arrivare nelle coste francesi e catalane. Quindi, i criminali sardi sono effettivamente sottoposti alle organizzazioni della penisola ma non producono una mafia in loco. Le organizzazioni criminali isolane si sono specializzate nel narcotraffico ed è probabile, dice Saviano che questi soldi verranno reinvestiti in stupefacenti da vendere su altre piazze, magari ai turisti durante la stagione estiva.

Il colpo messo a segno la scorsa settimana da uomini il cui accento non lascia spazio a dubbi sulla loro provenienza è fruttato 4 milioni e mezzo di euro. Due furgoni come obiettivo, 9 o 10 uomini, un gruppo “forte”, una strategia pianificata nel dettaglio e un probabile investimento, portato avanti per mesi, di mezzi, denaro e tempo per non lasciare niente al caso.

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