La Regione Sardegna e le sigle confederali CGIL, CISL e UIL hanno firmato un protocollo d’intesa per rilanciare il sistema sanitario regionale. L’accordo, sottoscritto il 4 agosto, delinea un programma di interventi da attuare nei prossimi 18 mesi. Tuttavia, il Nursind – sindacato delle professioni infermieristiche – ha sollevato forti critiche, denunciando la propria esclusione dal tavolo.
Il segretario regionale Fabrizio Anedda ha sottolineato l’assenza del sindacato che rappresenta la categoria con le maggiori carenze: infermieri e ostetriche. “Abbiamo ottenuto una rappresentanza in costante crescita – ha dichiarato – superando il 10% alle ultime elezioni RSU. Nonostante ciò, la Regione non ci ha invitato a un tavolo che ha discusso proprio delle nostre professioni”.
Secondo il Nursind, il sistema sanitario potrà rinascere solo se chi progetta il futuro terrà conto della realtà sul campo. “Mancano tremila infermieri in Sardegna – ha precisato Anedda – e ogni misura di potenziamento passa da chi assicura l’assistenza quotidiana. Nessuno ha chiesto corsie preferenziali, ma pretendiamo il rispetto dovuto”.
La replica della Regione non si è fatta attendere. In una nota congiunta, la Presidenza e l’Assessorato della Sanità hanno difeso la legittimità del protocollo, frutto – secondo loro – di un confronto politico con le confederazioni, sulla base di una piattaforma sindacale presentata mesi fa.
“Abbiamo già attivato i tavoli previsti dai contratti collettivi con tutte le rappresentanze della sanità – si legge nella nota – e intendiamo proseguire con un dialogo aperto e costruttivo. Nessuno vuole escludere. Al contrario, lavoriamo per coinvolgere tutte le forze rappresentative”.
Il confronto si sposta ora sul piano operativo: il piano d’azione entra nella fase attuativa. Tuttavia, la frattura tra Nursind e Regione accende il dibattito sulla reale inclusività del processo decisionale.