Il 12 aprile 2020, cinque anni fa Cagliari viveva, insieme a tutto il resto d’Italia, la sua Pasqua in lockdown. Silenzio e deserto da pandemia di Covid-19, tutti difficilmente potranno dimenticarlo. Nel cuore della città, in una delle giornate tradizionalmente “assaltate” da turisti e visitatori, regnava solamente la paura, tra la quasi totalità di serrande sprangate e pochissime attività autorizzate all’apertura.
Era il 9 marzo 2020 quando tutta l’Italia, grazie a un Dpcm emanato dall’allora governo Conte, le musure restrittive, applicate inizialmente nel centro nord d’Italia, in seguito all’aumento di contagi da Coronavirus vengono estese a livello nazionale. Il Paese diventa “zona protetta” e l’11 marzo successivo viene poi pubblicato un DPCM, soprannominato “Decreto #IoRestoaCasa”, con la sospensione delle comuni attività commerciali al dettaglio, delle attività didattiche, dei servizi di ristorazione, e il divieto degli assembramenti di persone nei luoghi pubblici o aperti al pubblico. Un decreto esteso nelle settimane successive, arrivando al weekend pasquale. Cagliari e la Sardegna vivono così la loro festa in lockdown. Sospese tutte le celebrazioni in ogni forma. In giro poche “anime”, giornale alla mano e cane al guinzaglio. Nella via Roma, sempre trafficatissima, le auto si contano sulle dita di una mano e qualcuno esce per necessità o lavoro. Una città in coma, con la serrata straordinaria di market e alimentari. Qua e là, in quel 12 aprile 2020, si vede qualche balcone con stendardi rossoblù a ricordare, in quel clima di mestizia, i cinquant’anni dallo scudetto del Cagliari.
