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Pale eoliche nel mare sardo, 23 progetti: così 500 pescatori rischiano di diventare disoccupati

La pesca a strascico, con l’installazione delle pale nei fondali marini, sarebbe ridotta di oltre un quinto. E centinaia di famiglie, senza nessuna alternativa lavorativa, iniziano a intravedere lo spettro della disoccupazione
La Redazione

li 84 nuovi progetti di impianti eolici off shore porterebbero ad una riduzione della pesca a strascico del 21,6%. Di fatto sarebbe sottratta una superficie di 17511 km quadrati alle attività di pesca professionale a danno anche della maricoltura, oltre ad impatti non trascurabili ad altri segmenti professionali come i palangari e le reti fisse.

E’ quanto emerge da uno studio realizzato dal Consorzio Mediterraneo, struttura di ricerca aderente a Legacoop Agroalimentare, nel ricordare che oggi di impianti eolici ne è presente soltanto uno a Taranto. Nell’ultimo anno i progetti presentati al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sarebbero 23 in Sardegna, 22 in Sicilia, 20 in Puglia, 7 nel Lazio, 6 in Calabria, 3 in Emilia Romagna, 1 in Abruzzo, Basilicata e Toscana, contro i 66 previsti nel 2023. Tanti gli effetti negativi per la pesca, che si sommano a quelli per la navigazione e alla presenza dei cavidotti per il trasporto dell’energia a terra.

“Occorre ridefinire la collocazione degli impianti e prevedere la loro realizzazione all’interno delle aree di protezione ambientale”, commenta Cristian Maretti presidente di Legacoop Agroalimentare, “riteniamo di dover interrare e proteggere i cavi di trasporto dell’energia elettrica a terra, in modo da consentire alle imbarcazioni a strascico di non interrompere le cale in loro prossimità, devono essere previste anche norme per consentire la piccola pesca artigianale con attrezzi fissi, all’interno delle aree occupate dagli impianti eolici”.

Lo studio stima anche una perdita di oltre 4mila addetti, senza tenere conto del ridimensionamento che subirebbe l’ampio indotto industriale e commerciale. I maggiori effetti negativi sarebbero particolarmente pesanti per le marinerie della Puglia Centrale e meridionale, della Sardegna Meridionale e della Sicilia Sud-Occidentale. L’impatto occupazionale sarebbe concentrato soprattutto nella Sicilia Sud-Occidentale (oltre 2mila addetti in meno), in Puglia centrale e meridionale (-1000), Sardegna meridionale (-500), Romagna (-300), Lazio (-200), Calabria e Sicilia Ionica (-200).

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