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La follia dei dazi Usa fa tremare le aziende vinicole sarde: “Crisi per migliaia di piccole cantine”

Le imposizioni minacciate dal presidente americano Donald Trump spaventano anche il Pecorino romano, con un mercato già in leggera flessione. “Possibile calo dei consumi e contraccolpi in Italia”, avvisa Gianni Maoddi del Consorzio di Tutela
La Redazione

I dazi doganali annunciati dal presidente Usa Donald Trump spaventano il mercato dei vini e del pecorino romano. Possibili conseguenze pesanti per entrambi i settori. Secondo il Consorzio di tutela, il prezzo del formaggio, di origini sarde, laziali e grossetane, tiene nella borsa milanese, ma il mercato vede una leggera flessione. E sui vini, a lanciare l’allarme l’enologo isolano Andrea Pala, da anni impegnato nella valorizzazione dei vitigni autoctoni. “Una possibile crisi per migliaia di cantine, in particolare quelle medio-piccole, che hanno puntato sull’export e per cui il mercato statunitense rappresenta un riferimento fondamentale”.

Tremano, dunque, le aziende casearie. “Le uscite di merce nell’ultimo mese segnano un piccolo rallentamento”, conferma il presidente del Consorzio di Tutela Gianni Maoddi che spiega: “l’incertezza crea ulteriore disagio perché le aziende si devono organizzare. Le nostre produzioni sono fatte a magazzino: stocchiamo nella speranza di vendere. I dazi incideranno sulle vendite di mercato creando uno squilibrio fortissimo e potrebbero portare, intanto, a un calo dei consumi con un contraccolpo sul mercato italiano e internazionale”.

A fare eco sono le aziende del vino italiano, secondo le quali “un aumento ei dazi significherebbe un rincaro dei prezzi al dettaglio, che renderebbe le etichette italiane meno competitive rispetto a quelle di altri Paesi produttori come Cile, Argentina o Australia, che non subirebbero la stessa tassazione”, spiega Pala.

Pecorino Romano, nel 2019, escluso dalla black list dei dazi imposti dagli Usa per il codice ‘for grating’, non avendo nessun concorrente nel mercato nordamericano, ma che ora, in caso di dazio al 25%, per il prodotto sarebbe un peso di 45 milioni di dollari sui consumatori americani.

Di fronte a questo scenario, a tutela dei vini nostrani, secondo l’enologo Pala “è fondamentale che le aziende italiane si attrezzino con strategie concrete: diversificare i mercati puntando su nuove aree in crescita come Asia, Nord Europa e Canada, investire sulla forza del proprio brand e sul legame con il territorio, e costruire relazioni dirette con importatori e distributori statunitensi, per cercare di contenere l’impatto sui margini”. Ma serve anche un’azione forte a livello istituzionale. “I consorzi, l’Ice, le regioni e il Governo devono lavorare insieme per rafforzare la presenza del vino italiano all’estero, attraverso fiere, campagne promozionali, missioni commerciali”.

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