È il 4 febbraio del 1995, ormai trent’anni fa, quando la 16enne Manuela Murgia viene trovata morta in uno dei canyon di Tuvixeddu, a Cagliari. Una vicenda che ancora oggi continua a essere tema di dolore per la famiglia, decisa ad andare avanti alla ricerca della verità. Il caso è stato archiviato come suicidio, ma i familiari non credono a questa versione dei fatti: “Manuela è stata uccisa”. Così, passati 30 anni, la famiglia non si arrende, “noi non ci arrendiamo, affinché possiamo avere giustizia”, le parole di Gioele Murgia, fratello di Manuela. Parole che trovano eco tra le altre due sorelle, Elisabetta e Anna, rappresentate entrambe dall’avocata Giulia Lai.
Lo scorso agosto 2024 è stata rigettata da parte del pm Guido Pani l’istanza di riapertura del caso, presentato dallo studio legale di Bachisio Mele (legale di Gioele) e dall’avvocata Giulia Lai. Insieme ai due legali collabora anche la collega e criminologa Maria Filomena Marras. Prima ancora, a fine aprile, una fiaccolata con tanto di striscioni e candele, da piazza Garibaldi a piazza Yenne, alla quale hanno partecipato centinaia di cittadini, per tenere viva la memoria della giovanissima. “Ancora adesso per noi questa situazione ci porta amarezza e frustrazione, ma ci teniamo a sottolineare che Manuela non si è suicidata: andremo sempre avanti per la verità, per fare in modo che un giorno la nostra Manu possa finalmente riposare in pace”. E i tre legali “sono al lavoro per trovare ogni soluzione utile per tornare in tribunale e riuscire a ottenere la riapertura del caso”.