Troppi detenuti rinchiusi a Uta, i letti non bastano più e stanno per arrivare decine di mafiosi
“In Sardegna detenuti stranieri in aumento del 36,8% in un anno. Ora sono 795, quasi la metà concentrati tra Uta e Bancali”. Sardegna in overbooking carcerario: a fronte di 2583 posti disponibili, i detenuti sono oggi 2608.
Un trend in costante crescita che, secondo l’associazione Socialismo Diritti Riforme (SDR), presenta un dato particolarmente significativo: l’aumento dei detenuti stranieri, saliti a 795 presenze, pari al 30,48% del totale.
Un anno fa erano 581 (25,3%), con un incremento del 36,83%. Lo segnala la presidente di SDR, Maria Grazia Caligaris, sulla base dei dati dell’Ufficio Statistiche del Ministero della Giustizia aggiornati al 30 novembre 2025.
La distribuzione nelle strutture penitenziarie dell’isola conferma una forte concentrazione negli istituti più grandi: 374 detenuti stranieri (47%) si trovano infatti a Cagliari-Uta e Sassari-Bancali. A Uta sono 190 su 739 detenuti complessivi (per 561 posti disponibili), mentre a Bancali se ne contano 184, il 32,5% dei 566 presenti.
Percentuali ancora più alte emergono nel carcere di Mamone-Onanì, dove gli stranieri sono il 58,3%, sebbene l’istituto disponga di 264 posti e ospiti 192 persone.
Intanto nell’Isola cresce la preoccupazione per la possibile saturazione del nuovo padiglione del 41-bis a Uta, appena ultimato e potenzialmente destinato ad accogliere altri 92 detenuti in regime di massima sicurezza.
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“Il Governo e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – sostiene Caligaris – continuano a portare avanti un progetto che rischia di trasformare la Sardegna in una servitù penitenziaria”. Ai quasi 800 detenuti stranieri si aggiungono infatti circa 700 detenuti in Alta Sicurezza, provenienti in larga parte da Sicilia e Calabria.
I sardi presenti nelle carceri dell’Isola sono poco più di un migliaio, “a conferma – osserva SDR – che la criminalità locale ha caratteristiche molto diverse rispetto a mafia, ’ndrangheta e stidda”. Per l’associazione è ormai “improcrastinabile un’azione sinergica” delle istituzioni regionali e della politica sarda, affinché la questione penitenziaria non diventi un ulteriore fattore di marginalizzazione e spopolamento. SDR rinnova quindi l’appello perché il tema venga affrontato anche ai tavoli nazionali e in sede di Conferenza Stato-Regioni.