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Cagliari, la “tesi” di uno studente: “Vannacci alimenta l’hate speech coi suoi post”

Simone Cherchi mette nel mirino 3 post del “generale” della Lega, analizzando i “linguaggi d’odio” in una tesi ufficiale di Lingue e Comunicazione
La Redazione

Una tesi di laurea “dedicata” da uno studente di Cagliari ai post con linguaggi d’odio messi su Facebook da Vannacci

Una tesi di laurea dedicata all’hate speech ĆØ stata discussa all’UniversitĆ  di Cagliari. Tra i casi analizzati dallo studente compaiono tre post di Roberto Vannacci, generale e politico della Lega.

L’autore della tesi, Simone Cherchi, iscritto alla FacoltĆ  di Studi Umanistici nel corso di Lingue e Comunicazione e seguito dal professor Massimo Arcangeli, apre il suo lavoro definendo il concetto di hate speech, termine traducibile come ā€œdiscorso d’odioā€ o ā€œincitamento all’odioā€.

Cherchi osserva come questo fenomeno sia sempre esistito, ma oggi risulti amplificato dalla rete e dai social media. La notizia data da Ansa e Unione Sarda.

Nella sua analisi distingue tra hate speech diretto e hate speech implicito o subdolo. A quest’ultima categoria attribuisce il primo dei casi presi in esame.

Si tratta di un post in cui Vannacci commenta la notizia delle dimissioni dal Parlamento europeo di Carola Rackete, l’attivista che nel giugno 2019, alla guida della Sea-Watch 3, aveva forzato il blocco del porto di Lampedusa per sbarcare 42 migranti.

Il generale scrive: "Non ci mancherai. Ora speriamo che anche Ilaria Salis e Mimmo Lucano seguano l’esempio". Fin qui, rileva lo studente, il contenuto rientra nel lecito.

Il problema emerge però nelle immagini scelte: "Ci troviamo davanti a un caso di linguaggio d’odio subdolo".

"Il politico, per eludere i controlli degli algoritmi di Meta, evita l’umiliazione esplicita e utilizza foto di Carola Rackete mettendo in risalto la sua peluria attraverso un primo piano sulle gambe".

"Un dettaglio superfluo rispetto all’apparente innocuitĆ  del post, ma che rivela le reali intenzioni di Vannacci".

Segue infatti una lunga serie di insulti rivolti all’attivista nei commenti. "Possiamo dunque distinguere due modalitĆ  di hate speech – conclude Cherchi – e riconoscerle chiaramente".

"Da un lato il post di Vannacci, espressione di un linguaggio d’odio subdolo, ragionevole ma che normalizza la discriminazione. Dall’altro i commenti, dove il linguaggio d’odio diventa esplicito".

Lo studente prosegue poi analizzando altri due contenuti, sempre firmati da Vannacci: uno riguardante Laura Boldrini, deputata del PD, e uno relativo a una manifestazione LGBT.

Il relatore, Massimo Arcangeli: "Simone Cherchi ha fatto ciò che ognuno di noi dovrebbe fare: denunciare il linguaggio d’odio online, che oggi raggiunge livelli mai visti".

Lo ha fatto con coraggio, individuando il vero problema: l’uso irresponsabile dei social da parte di chi, figura pubblica o rappresentante delle istituzioni, espone ogni volta una nuova vittima ai propri follower. Se un ex generale, oggi europarlamentare, arriva in un post su Facebook ad attaccare una giovane studentessa senegalese divenuta vicepresidente della Regione Toscana insinuando che abbia ottenuto la carica grazie alla sua ā€œpelle neraā€, non possiamo poi sorprenderci delle reazioni dei suoi sostenitoriĀ».

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