Cagliari, niente operazione al tendine d’Achille senza anestesista: “Intervento subito a Monza”
Cagliari, niente operazione al tendine d’Achille senza anestesista: “Operato subito a Monza”. Non c’è un anestesista disponibile, Mauro Simbula non ne ha ovviamente uno, in formato “mini”, nelle tasche della giacca e così, per l’uomo, libero professionista di Cagliari, non è rimasto altro da fare che arrivare sino a Monza, in Lombardia.
Per cosa? “Per farmi operare al tendine d’Achille del piede sinistro, rotto mentre stava lavorando. Un infortunio, grave, condito dal dolore e dall’amarezza di essere stato praticamente abbandonato. Simbula oggi sta meglio, il portafoglio un po’ meno. “Alla clinica Zucchi sono stati rapidissimi. Arrivo lunedì, subito gli esami e martedì pomeriggio l’operazione, perfettamente riuscita con una tecnica più moderna di quella prevista al Brotzu”. La prova? “Tra venti giorni potrò tornare a camminare regolarmente. Io, 47enne di Cagliari ma residente a Sorso, ho chiesto aiuto ai medici di Cagliari, ma inutilmente.
La mail di protesta
Il 47ene ha scritto una dura e dettagliata email di protesta al Brotzu. Eccola, di seguito.
"Scrivo con profondo rammarico e un misto di indignazione e amarezza. Le parole che seguono non nascono da impulsività, ma da giorni di disillusione, umiliazione e preoccupazione vissuti sulla mia pelle all’interno della vostra struttura ospedaliera. Il mio calvario ha avuto inizio la sera di martedì 2 luglio, quando a seguito della rottura del tendine d’Achille durante un’attività aziendale, sono stato trasportato al vostro Pronto Soccorso.
Pur classificato come paziente “fast track”, sono stato visitato solo oltre quattro ore dopo, alle 23:45. A causa dell’indisponibilità di posti letto, sono stato ricoverato nel reparto OBI. Fin qui, nulla da eccepire: ho potuto constatare la disponibilità e la gentilezza del personale, che desidero ringraziare sinceramente. Dal giorno successivo, però, è iniziata una spirale di rinvii, disorganizzazione e comunicazione approssimativa: Mercoledì 3 luglio, il primario, si è limitato a un rapido passaggio informale, senza visita, dichiarando che sarei stato operato in giornata. Il digiuno imposto è stato vano: l’intervento è stato posticipato.
Giovedì 4 luglio, trasferito in Ortopedia, vengo informato che l’anestesista non era più disponibile. Venerdì e sabato, stesso copione: attese, promesse, disdette. Senza spiegazioni chiare, senza rispetto per la mia condizione fisica e psicologica.
Sabato mattina, l’ennesimo momento surreale: un ortopedico del reparto, invece di offrire supporto, mi ha urlato in faccia, accusandomi di essere egoista e aggiungendo che 'noi ti operiamo, ma devi portarti tu l’anestesista'. Quelle parole, pronunciate in un contesto già estenuante, sono state inaccettabili.
Le dimissioni e il volo in Lombardia
Ho immediatamente richiesto le dimissioni volontarie, organizzandomi a mie spese per rientrare in Lombardia, dove – con mia fortuna – ho trovato una struttura pronta a garantirmi l’intervento in modo civile e tempestivo. Oltre al peggioramento della mia salute, ho subito un grave disagio psicologico e ho dovuto sostenere spese aggiuntive per il viaggio, il trasferimento e l’assistenza. Tutto questo in nome di una gestione sanitaria che, a mio avviso, rasenta la negligenza e il disinteresse verso il cittadino.
Sento il dovere civico, oltre che personale, di rendere pubblica questa vicenda e valutare un’azione legale tramite il mio avvocato. Lo faccio non solo per me, ma per tutti coloro che non hanno voce, che si trovano nella stessa posizione senza strumenti per difendersi. Non sono i cittadini, regolari pagatori di tasse, a dover pagare il prezzo dell’incapacità manageriale, dei tagli insensati, della disorganizzazione cronica. Non è accettabile che la sanità pubblica sarda – un diritto, non un privilegio – si trovi a livelli che ricordano realtà ben lontane da un Paese civile. So bene che questa mia lettera non cambierà il sistema. Ma il silenzio, quello sì che sarebbe complice".