Seguici

Per ricevere gli aggiornamenti di Cagliari News nella tua casella di posta, inserisci la tua e-mail nel campo sottostante.

Premendo il pulsante Iscriviti, confermi di aver letto e di accettare la nostra Informativa sulla privacy

Giovane sassarese tenta il suicidio in carcere 20 volte, Strasburgo condanna l’Italia: “Andava trasferito”

Il 28enne Simone Niort, malato psichiatrico, massacra di botte la fidanzata, incinta, nel 2016. Dietro le sbarre cerca di farla finita una ventina di volte e compie atti di autolesionismo. I genitori chiedono più volte il trasferimento in una struttura meno “dura” del carcere, ma senza successo. E, alla fine, arriva la legnata della Corte europea dei diritti dell’uomo
La Redazione

In carcere da quando aveva 19 anni avrebbe tentato il suicidio in cella una ventina di volte in otto anni e compiuto decine di atti di autolesionismo. Una situazione per cui la Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto la responsabilità dello Stato italiano per la violazione del diritto alla salute e alle cure mediche di Simone Niort, un giovane con problemi psichiatrici, che doveva essere trasferito in una struttura idonea per e terapie. “La Corte ritiene che le autorità nazionali non abbiano dimostrato di aver valutato in modo sufficientemente rigoroso la compatibilità del suo stato di salute con la detenzione – ha spiegato il legale di Niort, Antonella Calcaterra – accertando la mancata esecuzione di un provvedimento giudiziario che disponeva il trasferimento del ricorrente in una struttura penitenziaria più adatta alle sue gravi condizioni”. Mentre il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, rendendo nota la decisione della Corte, ha sottolineato: “Sebbene non vi sia un obbligo generale di liberare una persona detenuta per motivi di salute, in certe situazioni il rispetto dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, che vieta i trattamenti inumani e degradanti, può imporne la liberazione o il trasferimento in una struttura di cura. Ciò si verifica, in particolare, quando lo stato di salute del detenuto è talmente grave da rendere necessarie misure di carattere umanitario, oppure quando la presa in carico non è possibile in un contesto penitenziario ordinario, rendendo necessario il trasferimento del detenuto in un servizio specializzato o in una struttura esterna”.
    Simone Niort fu arrestato e finì in carcere nel 2016. Fin da allora cominciò a compiere svariati atti di autolesionismo e, dopo una perizia psichiatrica, l’ufficio di Sorveglianza dell’epoca nel novembre 2022 ordinò al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di individuare un istituto idoneo a ospitare Simone. L’errore sulla mancata identificazione di un percorso di cura alternativo al carcere – a quanto si apprende da fonti che seguirono il dossier – sarebbe stato innanzitutto procedurale, perché la Sorveglianza avrebbe dovuto chiedere non al Dap ma all’autorità amministrativa sanitaria competente. Forse a causa della carenza strutturale di specifici luoghi di cura in Sardegna, Simone restò in carcere finendo regolarmente in una cella ‘liscia’ o di transito affinché non potesse recare danni ad altri o a sé stesso, restando isolato e senza svolgere attività educative.
    Nel frattempo il giovane ha continuato a tentare il suicidio più volte e a commettere numerosi atti di autolesionismo, una condizione che ha portato il suo difensore, insieme agli avvocati Antonella Mascia, Antonella Calcaterra e al docente di diritto pubblico dell’Università Statale di Milano Davide Galliani, a rivolgersi ai giudici di Strasburgo che, ieri, hanno condannato l’Italia. 

Per ricevere gli aggiornamenti di Cagliari News nella tua casella di posta, inserisci la tua e-mail nel campo sottostante.

Premendo il pulsante Iscriviti, confermi di aver letto e di accettare la nostra Informativa sulla privacy