In uscita, il prossimo 7 marzo Acultzu a Tie, disco di nove canzoni in lingua sarda composto dall’artista e poeta Marco Piras, che insieme al mondo del volontariato e al lavoro sulle ambulanze, coltiva la passione per la musica. A 13 anni il suo primo approccio con una chitarra, la sua prima preziosa amica di tante avventure musicali, che lo ha portato a spendere 50mila lire ricavate dalla vendita degli asparagi che lo stesso Piras, settimo di dieci figli, aveva raccolto per raggiungere il suo obiettivo.
Marco Piras è nato a Nurallao il 25 aprile 1968. Ho iniziato a scrivere canzoni già dai tempi delle elementari – racconta l’autore del disco – in seguito da adulto ho iniziato a collaborare con diversi gruppi musicali. Ho frequentato il Cet, la scuola di Mogol, dove ho conosciuto Massimo Satta che ha prodotto il mio disco”.
Dai brani scritti esclusivamente in lingua italiana ai testi in lingua sarda. “Circa due anni fa ho letto una poesia in sardo che mi ha subito ispirato una melodia. È stata una cosa istintiva. Da quel momento ho iniziato a ragionare sul percorrere questa strada nei miei progetti creativi, e invece di produrre un disco bilingue, italiano sardo, con la complicità di Massimo Satta abbiamo deciso che sarebbe stato un disco coraggioso: tutto in lingua sarda”.
“Le canzoni che ho composto nascono da situazioni che mi hanno creato forti emozioni – ha sottolineato l’artista – avvenimenti personali o accaduti a persone a me care e vicine, dove mi sono sentito parte in causa, o ancora frammenti di poesie dove ho trovato l’ispirazione per raccontare le mie storie. Credo che le mie canzoni siano come una sorta di gesto d’amore e di beneficenza verso il prossimo. So che hanno accarezzato l’anima a tante persone che ne avevano bisogno”.
Il disco si apre con un brano molto forte ‘In custa note’ che racconta un avvenimento che ha segnato la vita dell’autore, caduto anche nello sconforto. Con ‘A sa luna’ ritrova poi la serenità lasciandosi cullare dalla luce del satellite più romantico del cielo, sentendola come una madre. La fede ritrovata è tutta nelle parole di
“Soberanu Signore”, mentre ‘A sa oghe tua’ è un omaggio a tutti coloro che hanno dato lustro alla musica sarda lasciando il ricordo della loro voce e delle loro parole.
“Ho sempre avuto la convinzione che dopo questa vita ci fosse un seguito, come una forma di reincarnazione – ha detto Piras – e questo mi è venuto spesso in mente guardando negli occhi gli animali, “Deo l’isco ses tue” è la voce del desiderio di un ragazzo che spera che negli occhi di un aquila possa ritrovare il suo migliore amico. Da figlio invece voglio tenere mia madre per mano per non farla sbagliare, e la riporto alla sua vita da bambina stando ‘Acultzu a tie'(Vicino a te). Mentre ‘Amentos’ racconta di una madre che ricorda il figlio, un segno indelebile. “Chie ses tue”: amo la mia terra, e vorrei che fosse più rispettata. Infine, chiudo l’album con il brano ‘Comente naschet”. Spesso mi domando da dove è arrivata la mia compagna di vita, perché quando si ha un punto di riferimento solido tutto ha senso. ”.